mercoledì 25 settembre 2013

Lasciate che le minorenni vengano a me. Ovvero l'imperdibile storia d'amore tra Francy e Silvietto [Parte 1]

Chi di voi si recasse in edicola munito di una monetina da 2 euro ha la possibilità di acquistare il nuovissimo e imperdibile numero di "Vanity Fair".
In cambio di una semplice moneta, infatti, l'edicolante si potrà liberare sala e soggiorno dandovi una copia di questo sobrio settimanale di appena 300 pagine, tutte a colori, del peso netto di 5 quintali nel quale potrete trovare moltissime cosucce interessanti.

Infatti, ogni 30 pagine di pubblicità, c'è pure un articoletto scritto coi piedi che, in gergo, viene chiamato "servizio giornalistico" o "intervista".

Due settimane fa, l'impegnatissimo settimanale aveva ospitato un grandioso servizio su Dudu, al secolo Dudu Berlusconi, ovvero il real-cane-arcoriano. Con tanto di foto ovviamente "in esclusiva mondiale" (che il resto del Mondo se ne fotta del cane di Berlusconi non è venuto in mente a nessuno, ma tant'è), questa settimana, per par condicio, è il turno di Francesca Pascale, ovvero la cagnetta fidanzata di Silvio Berlusconi.

In un articolo-intervista di appena 14 pagine (un po' pochine direi per una pensatrice di tale levatura), la celeberrima Sciascia Gambaccini sviscera gli aspetti più interessanti della first-lady (di cosa non si è capito, essendo Berlusconi non più Presidente del Consiglio da diverso tempo).

L'articolo è intitolato "Mister B. dimmi sì". Davvero. No, giuro. E' proprio il VERO titolo. Vabbe' iniziamo con il commento.

 «QUANDO MI SONO MESSA IN TESTA DI ARRIVARE A SILVIO BERLUSCONI ERO ANCORA MINORENNE, SA?».
In questa frase – pronunciata con un sorriso all'inizio della sua prima intervista da first lady di Arcore – c’è tutta Francesca Pascale.

Devo dire che, per lo meno, non occupa molto spazio. "Ciao, sono Francesca Pascale e da che avevo meno di 18 anni punto a stare con un miliardario". Una riga, un concetto, un destino. Direi di chiuderla qui, la messa è finita andate in pace. Invece no... Continua.

La caparbietà mescolata a un napoletanissimo senso dell’ironia che, invece di aggirare un argomento scomodo, lo trasforma nell'occasione per una battuta. Non c’è da stupirsi che Silvio Berlusconi, dopo aver «subito», come dice lei, cinque anni di corteggiamento, si sia arreso nel Natale del 2011. E abbia tirato fuori dall’abete un notevole diamante solitario di fidanzamento.

E io che, ingenuamente, pensavo che i diamanti si comprassero in gioielleria. Invece no! Crescono sugli alberi! O per lo meno andava così fino al Natale 2011, perché oggi ho cercato in mezzo alla pineta che ho davanti a casa e non ho trovato nulla. Vedi a volte la sfiga...

Il perché ce lo spiega lui stesso, in una pausa del servizio fotografico. «In tutte le situazioni più dolorose degli ultimi anni, Francesca ha saputo starmi vicino. Mi ha regalato gioia, senza chiedere nulla in cambio. Mi ha ridato la voglia di credere nell'amore sincero di una donna. Sono grato di averla avuta al mio fianco, così come sono grato di avere avuto accanto tutti i miei figli. In particolare Marina: è diventata quasi una nuova mamma, per me».

Il fatto di trovare "una nuova mamma" in una figlia, forse è più materia per uno psichiatra che per un satiro. Quindi eviterò di commentare. Faccio solo notare che questa persona che così si esprime, è attualmente il capo-padrone di un partito dalle cui decisione dipende gran parte del destino di questo Paese. C'è di che essere allegri.

C’è tensione ad Arcore. La troupe di Vanity Fair viene ricevuta nel giorno in cui l’ex premier registra il messaggio agli italiani. Attraversiamo controlli e cancelli di una residenza diventata fortino.

Pensare che, fino a non molto tempo fa, in quella casa invece entravano plotoni di escort con cellulari, strumenti di registrazione degni di James Bond e quant'altro. Invece ora, per far entrare dei giornalisti e fotoreporter, rompono tanto il cazzo? Lo trovo quanto meno bizzarro.

E nel pomeriggio, mentre il fotografo sta ancora scattando, arriva la notizia che la Cassazione ha respinto il ricorso della Fininvest contro il risarcimento dovuto alla Cir della famiglia De Benedetti nell'ambito dell’antica guerra per la proprietà di Mondadori.

Nessuna "antica guerra". C'è un gruppo che si chiamava Fininvest (di cui Berlusconi dice di non sapere più nulla da tempo immemore) che deve risarcire De Benedetti per aver ricevuto la Mondadori in seguito all'acquisto di un giudice. Semplice, semplice. Nessuna guerra. E' più simile ad uno scippo.

Il gruppo dovrà pagare 494 milioni di euro. «Questi sono i giorni peggiori della mia vita», commenta Berlusconi. Che, ovviamente, non si arrende, anzi: rifonda Forza Italia e invita i cittadini a scendere in campo. Tra gli italiani pronti a mobilitarsi c’è la famiglia Pascale. «Sono cresciuta con Berlusconi nel Dna», dice Francesca.

Dev'essere stata una crescita difficile, capisco. 

«I miei sono tra i milioni che lo votano dal 1994 perché, ancora prima che scendesse in campo, lo ammiravano come imprenditore».
Da Fuorigrotta ad Arcore. Come ha fatto, Francesca? «Militando. Ho iniziato nel partito con Fulvio Martusciello, consigliere regionale della Campania. E, nel 2006, mi sono candidata alle Comunali di Napoli».

"Mi sono candidata" che parola grossa! "Mi HANNO candidata", semmai. E come mai, tra le tante persone che si occupavano di politica hanno scelto proprio lei che, all'epoca (7 anni fa) aveva 21 anni? Non è un po' precipitoso candidare una poco più che ragazzina in una realtà complessa come Napoli? Questa sarebbe stata la domanda che avrei fatto io. Ed è anche uno dei tanti motivi per cui io leggo le interviste e altri le fanno.

Scusi, ma lei non voleva fare Tv? La «velina» di Telecafone? «Quella è stata una ragazzata. Non lo considero neanche un errore di gioventù. Semplicemente un gioco, sul quale si ricama per screditarmi». Si offende? «No: è acqua strapassata».

Su questo mi sento, sinceramente, di darle ragione. Quando uno è giovane può fare tante stupidate. Non mi sento di crocifiggerla per questa cosa innocente. Il problema semmai è come, sculettando seminuda con in bocca un calippo, sia poi diventata candidata dal (al tempo) primo partito italiano in una città grande come Napoli. Ecco, questo mi è piuttosto oscuro. Magari lo spiega più avanti...

E l’elezione come è andata? «Male, ma lo sapevo. Del resto al Sud le elezioni sono viste come un’opportunità, si candidano tutti. Solo nel mio palazzo eravamo in sei, ognuno per un partito diverso». Male, quanto? «88 preferenze, una figuraccia. Ma non mi sono data per vinta». Ovvero? «Con Martusciello abbiamo fondato un comitato di pazzi:  “Silvio ci manchi”. Non ci rassegnavamo all'idea di Romano Prodi premier. Eravamo ultras. Berlusconi parla a Trieste? E noi prendiamo il treno. Va a Cagliari? E noi stiamo sotto il palco. Ci pagavamo tutto da soli, ci arrangiavamo».

Oddio! Poverini! Roba da chiamare Amnesty International! Pensare che quando i pensionati vanno in piazza per Berlusconi vengono non solo accompagnati e mangiati ma, spesse volte, pure pagati. Invece a lei e Martusciello niente. Manco 2 euro per prendere il bus. E lo seguivano ovunque andasse, dall'Alpe alle Piramidi.

E così Berlusconi si è accorto di voi? «L’incontro vero c’è stato quando siamo andati a Roma perché Al Jazeera, per un reportage, stava cercando giovani del partito da intervistare.

Poi dicono che gli islamici ci odiano. Cercano dei giovani e si beccano la Pascale. Mi pare il minimo che poi ci odino tutti.

Berlusconi era in un albergo a un incontro con gli eurodeputati. Martusciello mi chiama e mi dice che forse è arrivata l’occasione che inseguo da un anno. Corro ai Parioli con gli altri, ci piazziamo davanti all'ingresso, facciamo cagnara per catturare la sua attenzione. Quando me lo sono trovato davanti ho saputo dire solo: “Presidente, quanto è bello lei”. Lo so che sembra patetico, e un po’ me ne vergogno, ma era un’emozione sincera, incontenibile».

Quindi sta dicendo che lei militava in un partito perché trovava sexy un nano col trapianto? Niente di male, può benissimo piacere, per carità. Ma se mi trovassi di fronte al segretario nazionale di un partito nel quale milito, non farei apprezzamenti sul di lei/lui fisico. Essendo Francy un'aspirante politica, avrebbe dovuto parlare - a nome di quegli 88 disperati che l'hanno votata - dei piccoli problemini che ci sono a Napoli e provincia. Questa cosa non è perbenismo. Si definisce "senso civico", "rispetto per gli elettori". Sta nella cartella "Dignità" che, da qualche parte, dovrebbero avere tutti.

Lui come ha reagito? «Ci ha detto di fermarci a pranzo. E durante il pranzo ci ha raggiunto per capire chi eravamo. Pochi minuti, ma non ho perso tempo. Gli ho subito domandato se potevo lasciargli il numero di telefono. Gli ho anche chiesto il suo. Quando mi ricapita un’occasione così?». E Berlusconi? «Mi ha detto: “Ma sei spietata”. Però ha preso il mio, e basta. Era il 5 ottobre 2006». 

Ma come? Berlusconi era sposato, padre di una miriade di figli (di cui 5 riconosciuti) e si prende i numeri di telefono della prima squinzia che gli dice che è figo? Ma questa roba come si concilia con le "radici cristiane" che millanta di seguire? Questo è più un atteggiamento da tamarro che da Uomo di Stato.

Un giorno felice? «Misto. Rientro a Napoli da trionfatrice. A casa, mia madre mi fa: “Lo ammiriamo anche noi, ma potrebbe essere tuo padre”. 

In realtà non sono molte le 20enni ad avere un padre di 70 anni. Di solito 50 anni di differenza d'età si hanno con i nonni...

A me però la differenza di età non importava affatto, pensavo solo che non mi avrebbe mai chiamata. Che avevo avuto l’occasione, e l’avevo sprecata». E invece? «Pochi giorni dopo, quasi a mezzanotte, chiama».

Oddio! E per dirle cosa? Per parlarle dei problemi della provincia di Napoli, immagino...

Pronto, sono Silvio Berlusconi, come va? «Esatto. Non ci credevo. Mi ha chiesto di richiamarlo subito, ha riattaccato. Ma io non avevo nemmeno il credito nel cellulare. Ho dovuto chiamare SOS Ricarica. E poi, finalmente, ho fatto il numero. Eccomi, Presidente. Lui mi ha detto che voleva fare al comitato un regalo: visita a Villa Certosa. Ci mandava lui l’aereo, da Napoli a Roma, e da lì in Sardegna». 

E io che mi pensavo avesse a cuore l'Italia. Invece aveva intenzione di aviotrasportare una ragazzina che aveva incrociato in un bar per pochi minuti e che gli aveva chiesto solo il numero di telefono dopo averlo abbordato. Immagino che avesse nobilissime intenzioni, ovviamente.

Chissà che faccia, Martusciello. «Veramente lui non ce l’abbiamo portato. Berlusconi voleva premiare i ragazzi, non i politici d’esperienza.

Prescindendo dal fatto che pure lei era una politica, essendosi candidata, Martusciello non si poteva certo definire un politico d'esperienza. Nel 2006 il Martusciello aveva meno di 40 anni. Poteva essere, lui sì, il figlio di Berlusconi. Pare quasi che questa sia una scusa per tenere fuori una persona che, pur essendo comunque giovane, era sprovvista di una cosa importantissima per Berlusconi. Una cosa che, mettiamola così, ogni tanto sanguina senza che la tagli.

Siamo partiti in una decina». Come è andata? «Impressionante. Tutto perfetto, stravagante, sofisticato. Ci siamo fermati a dormire nelle dépendance. 

Dev'essere perché nel lettone di Putin c'era già Patrizia D'addario. Nota politologa che trascorreva con lui intere notti a parlare di doppio turno alla francese e premierato forte.

[Continua]

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